
Via d'uscita
A cura di Anna Zambonin e Francesca Naima Bartocci
Un anno fa, mentre il coronavirus si faceva strada nelle città degli Stati Uniti, pochi esperti di sanità pubblica prevedevano che il bilancio, in termini di vite umane, sarebbe stato così disastroso. Si stimò una cifra già di per sé terribile: 240 mila vittime. Ad oggi, i morti sono 500 mila, un numero che supera quello delle vittime delle due guerre mondiali e della guerra in Vietnam.
Il virus non ha guardato in faccia nessuno, colpendo duramente non solo le grandi città ma anche i più piccoli villaggi rurali. Si stima infatti che 1 americano su 670 sia morto per infezione da Covid-19.
Nella sola città di New York sono morte più di 28 mila persone, ossia 1 ogni 295, mentre Los Angeles ha quasi raggiunto le 20 mila vittime, 1 ogni 500 abitanti. In questi giorni le morti stanno diminuendo, ma ciò nonostante vengono registrate quasi 1.500 vittime al giorno.
L'Institute for Health Metrics and Evaluation, un centro di ricerca globale ed indipendente con sede all'Università di Washington, prevede che il numero complessivo delle vittime salirà a 614 mila entro il primo Giugno.
Nel frattempo, la campagna vaccinale sembra andare nella giusta direzione. La promessa da parte di Biden di somministrare 100 milioni di dosi di vaccini nei primi 100 giorni di presidenza è diventata realtà giovedì 19 marzo, un risultato raggiunto già nel 58esimo giorno dall’insediamento del neo Presidente. Secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ad oggi il 13,5% della popolazione adulta negli Stati Uniti ha ricevuto entrambe le dosi di vaccino e più di 82 milioni di americani hanno ricevuto almeno la prima dose (il 24,9% della popolazione complessiva). I giovani potrebbero ricevere il vaccino già in autunno, mentre i più piccoli nei primi quattro mesi del 2022.
Giovedì 11 marzo, durante il suo primo discorso alla nazione, Biden ha dichiarato che il Paese è sulla buona strada per tornare a una parvenza di vita normale entro il 4 luglio, a patto che gli adulti si facciano vaccinare e che non si abbandoni prematuramente l'uso della mascherina, il distanziamento sociale e le altre misure per contenere il virus.
Ma le cose vanno davvero così bene?
Indubbiamente la campagna vaccinale sta procedendo con un buon ritmo, ma ci sono diverse cose che potrebbero andare male. Prima fra tutte la disponibilità delle dosi. Sembra infatti che nessuna delle forniture ordinate dall’insediamento di Biden sarà disponibile fino alla tarda primavera e che quelle ordinate successivamente, ossia la maggior parte su cui l’amministrazione fa affidamento, non arriveranno fino alla fine dell'anno. Questo perché i tempi di produzione di un lotto di vaccino sono più lunghi di quanto qualcuno potrebbe aspettarsi.
Nell’articolo articolo del New Yorker: “Why Covid-19 vaccines aren’t yet available to everyone” viene spiegato nel dettaglio come funziona il processo di produzione nello stabilimento Pfizer a Chesterfield, Missouri ed emerge come i componenti fondamentali del vaccino stiano cominciando a scarseggiare.
Per far fronte a tutto ciò, l’amministrazione Biden ha fatto un accordo anche con le case farmaceutiche Johnson & Johnson e Merck, pagando quest’ultima $268.8 milioni per ottimizzare due delle sedi di produzione dei vaccini della prima. Tuttavia, ci vorranno mesi prima che questo avvenga e i vaccini prodotti non saranno disponibili prima della seconda metà dell’anno.
La notizia più rincuorante per il paese in questo momento è che Pfizer consegnerà più di 13 milioni di dosi a settimana.
Inoltre, sulla scia di questo ottimismo alcuni stati (Alaska, Arizona, Florida, Georgia, Idaho, Iowa, Mississippi, Missouri, Montana, Nebraska, North Dakota, South Dakota, Oklahoma, South Carolina, Tennessee e Texas) hanno deciso di rimuovere l’obbligo di indossare le mascherine e di riaprire negozi, ristoranti e pub senza restrizioni a livello di entrate. L’amministrazione Biden si è detta preoccupata: il virus è sotto controllo e la campagna vaccinale sta procedendo bene, ma si è ancora ben distanti dal tornare alla normalità.

Il Dr. Anthony Fauci, l’immunologo e consigliere medico scelto da Biden, il 7 Marzo ha dichiarato che anche se ritiene che gli Stati Uniti raggiungeranno un grado di “significativa normalità” entro l’autunno, sarà necessario indossare la mascherina per un altro anno.
Le conseguenze di quest’anno devastante si stanno ripercuotendo non solo sull’economia ma anche sulla salute mentale. L’impatto psicologico causato dalla pandemia è infatti enorme: importante è dunque parlarne, anche e soprattutto perché coinvolge il “futuro del nostro mondo”.
Soprattutto i giovani hanno subito e stanno subendo un’irrimediabile perdita. Nell’età della giovinezza le persone compiono la loro crescita, trovano valvole di sfogo e costruiscono la loro identità grazie alla scuola e allo sport; attraverso le attività di gruppo e la ricerca di contatti e relazioni con l’altro, i più giovani si formano come esseri umani.
In questo momento storico, per ovvie ragioni, la crescita dal punto di vista sociale e umano ha però subito un irrimediabile “stop” le cui conseguenze sono evidenti e drammatiche .
Negli Stati Uniti tra il 2007 e il 2018 i suicidi sono cresciuti per diversi fattori (violenza, uso di armi, smartphone, social network…). A causa della pandemia, il tasso dei suicidi sta salendo sempre più, coinvolgendo anche i giovanissimi. London Fuller, ragazzo molto socievole e pieno di vita – ricorda la madre - è rimasto particolarmente colpito fin dal primo lockdown. London, a 11 anni, ha deciso di togliersi la vita. Come lui tanti sono i casi di ragazzi che non riuscendo più a trovare una via d’uscita, arrivano a compiere gesti irreversibili.
Molti esperti si sono e si stanno interessando alla questione psicologica, con un focus sulla reazione della gioventù alla pandemia e a tutto quello che ne consegue. Come riportato dal CDC durante il periodo di marzo-ottobre 2020, gli adolescenti tra i 12 e i 17 anni hanno aumentato le visite legate alla salute mentale presso i pronto soccorso: rispetto allo stesso periodo nel 2019, il tasso è aumentato del 31%. Inoltre, Pediatrics, la rivista dell'American Academy of Pediatrics, nel nuovo numero di marzo 2021 sottolinea come le visite al pronto soccorso di chi ha un’età compresa tra gli 11 e i 21 anni abbiano un tasso significativamente più alto di ideazione suicidaria, così come sono più alti i casi di tentato suicidio.
Gli esperti sono altresì preoccupati per i plausibili aumenti nel tasso di obesità infantile, dal momento che molti bambini e ragazzi costretti a restare in casa iniziano a mangiare eccessivamente o compulsivamente per contrastare stress e mancanze).
Oltre ai danni psicologici e fisici è stato poi riscontrato un aumento della microcriminalità in orari in cui i giovani dovrebbero essere a scuola. Alcuni casi hanno anche coinvolto l’uso di armi da fuoco, causando morti e portando a vari arresti in un sobborgo di Washington, D.C. (più precisamente nella contea di Prince George's, Maryland). Con le scuole rimaste chiuse, sette adolescenti sono stati accusati di omicidio solo nelle prime cinque settimane del 2021.
Nick Allen, professore di psicologia clinica all'Università dell'Oregon, ritiene che la situazione stia diventando sempre più insostenibile. Lo stress causato dal COVID ha privato menti e corpi dei piaceri ai quali il genere umano era abituato: ne consegue una quasi totale assenza di veri “momenti di vita”, di goduria, di soddisfacimento delle proprie passioni e volontà. «C'è una differenza tra un fattore di stress che rende la tua vita sgradevole e intollerabile e un fattore di stress che porta via le cose buone», precisa il professor Allen.
«Per molte persone, il fattore di stress che il COVID rappresenta è un fattore che toglie le cose buone. Non puoi andare agli eventi sportivi, non puoi vedere i tuoi amici, non puoi andare alle feste. Non è necessariamente che stai vivendo un abuso, anche se per alcuni può esserlo. Quello che sta succedendo è che stiamo togliendo alle persone i punti salienti della loro vita che danno loro ricompensa e significato. Questo può avere un effetto nel tempo. La risposta iniziale non è così difficile come qualcosa che è stressante, ma nel tempo, l'anedonia, la perdita di piacere, ci porterà sempre più verso il fondo».
Now more than ever, our mental health is just as important as physical health.
— Voices of Youth (@voicesofyouth) January 28, 2021
For young people feeling lonely, anxious & afraid here are some tips to take care of your #mentalhealth https://t.co/5BvAAGMwGt #Adolescents2030 pic.twitter.com/mPHg5dXTC9
Anche Jessica Schleider, assistente di psicologia alla Stony Brook University, analizza ciò di cui gli adolescenti – e non solo – necessitano, e che ora è impossibile da raggiungere: «Questo è ciò che gli adolescenti sono spinti a fare: crescere l'autostima e un forte senso di chi sono. Con la scuola e tante altre cose chiuse per loro, e la vita quotidiana per lo più limitata alla casa, quel poco di auto-direzionalità che avevano prima non c'è più. Molti sono bloccati in ambienti che non hanno scelto. Il futuro verso cui stavano lavorando non è più un'opzione».
Prima dell'arrivo della pandemia la salute mentale degli adolescenti era comunque un argomento importante; ricercatori e professionisti della salute mentale sottolineano da tempo l’importanza della scuola, dello sport, della famiglia e del rapporto con i coetanei, anche come protezione del - e per il - giovane.
Tali connessioni sociali sono ora venute meno, con le scuole chiuse e l’interruzione delle attività sociali a essa connesse; la didattica online non riesce purtroppo ad accorciare le distanze e a soddisfare completamente il bisogno di socialità.
Le attività da remoto sottolineano poi delle differenze sociali e soprattutto economiche che l’ambiente “scuola” aiutava - anche se faticosamente - a superare.
Ansia, depressione, tristezza, incertezza, senso di solitudine, calo della media scolastica, aumento del tasso di visite al pronto soccorso, aumento dei suicidi e di pensieri negativi/violenti su se stessi e sugli altri: questo è quello che l’umanità sperimenta e che soprattutto i giovani sentono come enormi pesi e conseguenze di una situazione che sembra non aver un vero e proprio “punto finale”.
A tal proposito, sono nati o si sono ampliati molti blog, associazioni, progetti, che cercano di dare spazio all’ascolto e alla condivisione, con l'obiettivo di aiutare i giovani a non sentirsi “diversi”, “soli”, “lontani”.
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